Quando ero malata di disturbi alimentari ho cercato di divorare la vita, ho cercato di divorare me stessa…. E anche le persone intorno a me.
Ho cercato di divorare tutto quello che mi faceva male: ogni tipo di emozione… da quelle belle e quelle brutte.
Di divorare qualunque sentimento destabilizzasse l’illusione di controllo che sentivo di avere.
Gli anni dei sintomi alimentari, i tanti anni, sono stati un modo per sedare, anestetizzare e cercare di non sentire tutta la sofferenza che ho provato, i vari traumi storici che faticavo riconoscere!
Tutto quanto esisteva sotto i sintomi non avevano nome…
Un gomitolo immenso di confusione che doveva ancora essere sviscerato…. cosa che ovviamente non si può fare da soli perché ognuno di noi rimane l’arbitro di se stesso e vede solo ed esclusivamente ciò che ha davanti senza andare oltre.
Era un modo incredibilmente autodistruttivo e potenzialmente mortale che distruggeva me e gli altri. E il nero diventava sempre più nero per tutti.
E’ fondamentale avere un aiuto specializzato, un aiuto concreto senza averne paura, perché l’aiuto non deve far paura!
Chiedere aiuto è un atto di consapevolezza e forza!
A posteriori mi sono resa conto che quando decidevo di non essere seguita e di fare tutto da sola, in qualche modo e, inconsapevolmente, ero complice del mio dolore…. Nel suo paradosso mi serviva e me lo tenevo stretto.
Chi conosce l’inferno dei disturbi alimentari sa benissimo che quella non è vita, bensì è essere non vivi respirando.
Inoltre… della sofferenza non ci si deve vergognare. Soffrire non è una vergogna ne una colpa!
Nessuno si salva da solo, ma tutti possono salvarsi!
Non essere complice della malattia, vacci contro e chiedi aiuto!
ChiaraSole