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“Non sprecare il dolore!” e l’abuso dell’online post Covid. Riflessioni

by ChiaraSole Ciavatta

Lo diciamo tutti che la tragica esperienza della pandemia avrebbe dovuto migliorarci, senza accorgerci, che ognuno di noi è parte integrante di quel TUTTI.

Ma è assolutamente vero, quanto è accaduto doveva arricchirci. Ogni terribile crisi può essere un’occasione per progredire come singoli e di conseguenza anche come società.

Tanti hanno perso i propri cari. Tutti ci siamo sentiti impotenti. Un mostro invisibile si è insinuato in ogni angolo delle nostre vite, delle nostre menti rubandoci la libertà psico-fisica.

Ci è piombato addosso un trauma nuovo inimmaginabile.

Non so te, ma io penso proprio che non si può far finta di niente solo perché è passato il momento terrore e non ci sono più le restrizioni. Non dobbiamo più mettere le mascherine, non c’è più il rischio di rimanere chiusi in casa.

Certo, è vero, ma quel lungo periodo ha lasciato dei segni, delle cicatrici, del dolore, delle eredità e mi chiedo cosa ne vogliamo fare.

Propongo questa riflessione perché mi sono sempre ripromessa di NON SPRECARE IL DOLORE. 

Per chi conosce a fondo cosa significa essere immersi in quella brutta, ruvida, gelida, statica, pesante, deforme sofferenza nera e cioè quel tipo di sofferenza che non si riesce a spiegare a parole; quella cosa che ti lacera ancora, ancora e ancora senza permetterti di respirare allora può capire; ecco, come individui, ci si trova successivamente davanti ad un inconsapevole bivio:Strada 1) lasciare che quella montagna di dolore ti renda arido, quasi “cattivo”***, lasciare che ti indurisca.

Pensare solo ai propri interessi e vedere l’altro come mezzo e non come risorsa. Aiutare l’altro sì, ma solo se fa comodo ai propri fini personali.

Persone che non riescono a far entrare in se stesse il sentimento di gratitudine, anzi, laddove esiste una persona o più che in qualche modo ha fatto loro del bene hanno la necessità di estrometterle vedendoci anche qualcosa di poco pulito proprio per la difficoltà e incapacità di dare dei meriti ad altri non essendo più l’unico e assoluto protagonista.

Spesso queste persone, quelle che hanno aiutato, diventano addirittura dei nemici, i cattivi proprio perché il fatto stesso di dar loro dei meriti è intollerabile e tutto viene sepolto e mascherato da fatti che alleviano quel senso di non interezza: perché è necessario che rimanga un IO assoluto.

Capita che chi ha un vissuto traumatico diventi, metaforicamente, quello che gli hanno fatto. O quello che gli hanno fatto sentire e, senza alcuna empatia.

Questa è una strada che viene presa in modo spontaneo, certamente non è studiata a tavolino. Inoltre tutto quanto descritto è vissuto in modo tranquillo, in quanto propria normalità, non lo vive ne vede come un comportamento egoistico, anzi, spesso ci si sente non compresi. D’altronde la grande sofferenza può portare a tutto, perché, anche il dolore ha mille sfaccettature.

Così facendo a mio avviso, inconsciamente tutto quel dolore viene sprecato, perché comunque chi vive così, vive male e non fa vivere bene.

  • ***Apro una parentesi perché desidero approfondire la mia affermazione “lasciare che quella montagna di dolore ti renda arido, quasi “cattivo”: sotto a quella cosiddetta “cattiveria” c’è una persona molto ferita, fragile, traumatizzata, impaurita, diffidente e spesso non riesce a trovare altre vie per esprimersi non conoscendo modelli differenti anche a causa del suo vissuto traumatico: ciò che abbiamo sperimentato e che ci ha fatto del male è per ognuno “cattivo” e lascia un imprinting conosciuto e familiare. La “cattiveria” è un modo per affermarsi, per essere visti e, probabilmente il termine cattiveria non è neanche precisamente corretto per descrivere una persona tormentata che nel proprio intimo cerca delle vie per poter essere. Personalmente non so se credere se esistano realmente persone CATTIVE, mi spiego meglio, so che ognuno ha una sua storia e che, in quel contenitore storia, ci sono i perché e i per come di ogni singolo comportamento. NON STO CERTO GIUSTIFICANDO condotte scorrette, ingiuste, sbagliate, incivili (ECC.), bensì ritengo che potenzialmente ogni singolo, se lo volesse, potrebbe modificare questa attitudine che è “solo” una conseguenza. Potrebbe guardarci bene dentro e comprendere a cosa gli serve comportarsi in un determinato modo. Il ragionamento è assai articolato. Come a tutti anche a me sono capitate diverse persone “cattive” che mi hanno fatto del male, anche molto male e diverse poche volte. Ebbene, comprendendo tutta una serie di cose tra cui il ragionamento scritto qui sopra, non solo non ho provato rabbia nei loro confronti, ma anche il danno ricevuto l’ho molto ridimensionato. ATTENZIONE, non sto asserendo che sono immune dal dolore provocato dalle cattiverie, infatti in determinate occasioni ovviamente non è mancato il dispiacere, la delusione, ma anche della sofferenza in base al danno subito, anche perché a volte si è trattato di cattiverie belle grosse. Ma in me rimane la base: una persona che si dimostra “cattiva” non è cattiva per caso, ha i suoi fantasmi e, almeno fino a quel momento, non è riuscita a capire, rielaborare e, se necessario, ad incanalare il tutto in modo diverso.

Strada 2) L’altra via è l’esatto opposto.

Imparare da tutto quel tormento e fare in modo che diventi un’occasione per crescere e apprendere. Una volta averlo rielaborato nel profondo del proprio essere, sentire che tutto quel tempo non è stato sprecato, bensì investito in qualcosa di infinito che non si studia, ma che si può solo vivere.

Una scuola di vita atroce e nel contempo incredibilmente formativa anche per eventuali sofferenze future, ma non solo.

Una sorta di master che porta ad empatizzare con l’altro e a sentire quanto faccia stare bene. Un benessere interiore.

Ma anche il provare piacere nel vedere/sentire l’altro vivere sereno; indipendentemente da chi si tratti, foss’anche una persona che in qualche modo non è stata tanto carina con noi.

Il punto è stare bene, ma anche la gioia nel sapere che le persone stanno bene punto.

Quando si avverte questo non esiste invidia, né giudizio, solo rispetto!

Certo, il prezzo è stato alto, altissimo; ma direi che ne è valsa la pena!

Riporto una citazione di una paziente di Freud: Ida Bauer , conosciuta come Dora. Da lei scritta proprio come spunto di riflessione:

“Se la sofferenza vi ha resi cattivi, l’avete sprecata”.

Sono nel mondo del sociale come operatore dal 2oo1 circa e, in questi anni, ho avuto modo di conoscere davvero molte persone che hanno “scelto” l’una o l’altra strada. E, a dire la verità, ho imparato tanto da tutti. Certo, non posso negare un po’ di dispiacere per chi ha “scelto” la prima strada, rimango sempre fiduciosa, fa parte della mia natura; ma comunque ogni persona è andata avanti con la propria vita. OGNUNO A UNA VITA, cosa che un tempo non aveva, anzi la rischiava tutti i giorni.


Continuando a ragionare sul post Covid, a mio avviso, mi spiace affermare che ci ha tutt’altro che migliorati. Quanto vedo online mi fa rabbrividire. Tutto quello che doveva essere provvisorio, per un’emergenza vitale, non solo è diventato una COSTANTE, bensì si è addirittura tramutato in un grande eccesso che si autoalimenta senza limiti ne confini.

La mia è una riflessione in generale e non posso non sottolineare un abuso dell’online.

Durante il Covid ci ha avvicinati: avevamo solo quello.

Da subito dopo il Covid ci ha allontanati sempre di più, non solo, addirittura sono nate cose nuove per “vivere” online, a mio avviso, discutibili! Mi riferisco ad attività, proposte di vario genere che prima del Covid non c’erano, altre esistevano in minima parte: lo si può notare dalle molte pubblicità.

Ritengo che dopo tanta reclusione forzata, l’intera società abbia bisogno di buttare giù questi muri/schermi (smartphone, PC, tablet).

Siamo caduti nella trappola del tutto e subito, viviamo in delle bolle fatte di pixel e in vari paesi stanno mettendo degli stop.

Come si usa dire in gergo, io sono una “smanettona ;-)”, non ho nulla contro la tecnologia, tutt’altro. Quindi di base sono pro tecnologia, però, non lo sono più quando mi rendo conto che danneggia in varie sfere della vita da quella relazionale in poi. Tutta questa abbuffata dell’online su ogni fronte e per qualunque cosa nuoce a tutti, particolarmente a chi ha delle problematiche perché tende a rafforzarle.

  • per “curarsi” si va online (….).
  • per “parlare” con amici si va online (via messaggio chiaramente, perchè ormai non si parla piu’)
  • per cercare amici si va online
  • per litigare si va online
  • per svago si va online
  • per giocare si va online
  • per confrontarsi si va online
  • per innamorarsi si va online
  • per mangiare si va online
  • per are sesso si va online
  • per lasciarsi si va online
  • per fare una “vasca” (da noi è una passeggiata in centro, giù per il corso) si va online
  • per mandare messaggi impliciti all’ex si mette tutto in bacheca o nell’history
  • controllo di amici e ex… si va online
  • vuoi telefonare a qualcuno e non hai il suo numero di telefono?!?!? No problem… si va on line e invadi la privacy in un attimo
  • per…per…per…per….per….. si va online….ecc.
  • …………………………e potrei continuare………………………. come ognuno di noi sappiamo.

Sembra tutto a portata di mano con un click, ma in realtà non lo è, un “tutto e subito” che dona una sorta di soddisfazione solo momentanea, perché spesso fittizia. Ed è quel SOLO la chiave, perché porta ad essere sempre, o comunque spesso, online, perchè insoddisfacente. All’inizio della riflessione mi interrogavo su dove stiamo mettendo tutta la grande sofferenza accumulata durante la pandemia e la risposta è chiara: ONLINE.

Il punto è, purtroppo, che tutta quella frenesia del come si vive il mondo parallelo dell’online, anestetizza e non permette di sentire e rielaborare così tante emozioni: non a caso ci siamo buttati a capofitto. Tutti immersi in una valanga di informazioni a volte utili, ma piu’ spesso superflue. Una valanga dopo l’altra di notizie e pian piano ciò che non ci utile, l’inutile, comincia a riempire un personale vuoto e così quell’inutile diventa necessario: l’effetto sedante si potenzia sempre di piu’..

Durante il Covid ci si lamentava della vita online, nel post Covid è qualcosa che si va a ricercare con foga.

Già prima della Pandemia tutto il fenomeno dell’online, dei social era assai grave, ma subito dopo, è ancor piu’ ESPLOSO; da tempo a livello sociale se ne vedono gli effetti decisamente non positivi. C’è da chiedersi, dopo questa impennata, cosa a accadrà. Purtroppo i presupposti non sono buoni.

Le varie profili, bacheche, history, ecc. sono vetrine: contenitori di ciò che ognuno desidera mostrare all’altro frequentemente senza spontaneità. Sono teatri nei quali gli attori mandano messaggi molto ben pensati e impacchettati. Da qui cominciano i confronti di quale vita sia migliore o peggiore. Di chi è più bello, magro, felice, di successo…. e così via; senza tener minimamente presente che nella realtà di tutti i giorni nessuno sa come sta nel proprio intimo la persona che “ammiriamo/invidiamo” attraverso un muro/schermo.

La soddisfazione momentanea e fittizia di cui scrivo sopra nasce spesso dal fatto che poi, dopo poco, si va a CONTROLLARE nuovamente come sta o cosa sta facendo la persona che in quel momento ci interessa, anzi, ci ossessiona, sia essa un’amicizia, un partner, una ex relazione, un gruppo di amici ecc. Tutto questo provoca adrenalina, ansia, così come la valanga di notifiche delle tante app installate sugli smartphone.

Chissà se hai mai tolto il consenso alle notifiche e tenuto solamente quelle strettamente necessarie? Ci hai mai provato? Perché non ci provi magari per un giorno, due giorni o anche di più? All’inizio forse non sarà semplice, ma poi ti accorgerai che la qualità della tua vita migliorerà sensibilmente.

EBBENE SI! TUTTO QUESTO CI STA CONTROLLANDO, QUANDO IN REALTA’ DOVREBBE ESSERE AL NOSTRO SERVIZIO PER MIGLIORARE LE NOSTRE VITE.

Andando in giro ed entrando ad esempio in un bar, è molto piu’ frequente trovare persone con il capo chinato su un cellulare, piuttosto che eretto occhi negli occhi con altre persone a conversare. Questo accade in qualunque luogo di incontro. Riflettiamo insieme quale immenso danno per la comunicazione, che infinito danno per se stessi e le persone accanto a noi: ognuno desidera non essere ignorato, ma questo capita spesso. Ormai il cellulare è parte integrande delle famiglie, delle coppie: un rapporto a tre, a quattro, a cinque, ecc. COME FOSSE UN COMPONENTE DELLA FAMIGLIA A TUTTI GLI EFFETTI. MA NON LO E’!

E’ uno strumento molto importante, ma che deve avere un suo ruolo e non deve essere onnipresente.

Come fare?
  • Prima di tutto ogni singolo può tanto, nel senso che è importante che parta da ognuno di noi il desiderio di attuare un cambiamento. Poi ci possono essere dei supporti, ad esempio ci sono delle app apposite che aiutano a tenere monitorato quanto tempo si trascorre sullo strumento.
  • Valutare cosa si può fare online e cosa si può fare in presenza: tutto ciò che si può fare di persona è sempre preferibile a maggior ragione considerando il momento storico anche perchè c’è tanto bisogno di un bel po’ di detox.
  • Molto possono fare le famiglie per i piu’ giovani, che sono i nativi di internet. Teniamo presente che nel tempo l’abuso dei social network può portare all’isolamento.
  • Molto possono fare le scuole!
  • Ovviamente un aiuto dalle istituzione non sarebbe male.

Diverso è se si è affetti da nomofobia conosciuta anche come “Sindrome da disconnessione”.  La nomofobia, un neologismo composto dalle espressioni “no mobile phone” e “fobia”, è una dipendenza patologica dal cellulare. Indica una condizione psicologica in cui la perdita o l’impossibilità di utilizzo del cellulare genera nella persona uno stato di panico.

In caso di nomofobia è fortemente consigliabile rivolgersi ad uno specialista.

Un’ulteriore considerazione: teniamo presente che noi, l’Italia, non abbiamo ricevuto nessuna educazione culturale in ambito tecnologico rispetto ad altri paesi e di conseguenza anche l’approccio alla stessa è alquanto maldestro; basti pensare che molte persone conoscono i social, ma non sanno usare word, ad esempio o comunque la macchina computer con tutte le sue funzionalità.

Siamo, da tempo, arrivati ad un eccesso molto preoccupante!

Il genio Seve Jobs auspicava che lo Smartphone diventasse l’estensione funzionale del sé.

Beh estensione è una cosa, SOSTITUZIONE è un’altra; perché di questo stiamo parlando: stiamo SOSTITUENDO!

A partire dai rapporti di persona e a tutto l’elenco scritto sopra. Sta a noi fare in modo che la tecnologia, con tutte le sue meravigliose risorse, migliori le nostre vite, invece di nasconderle e affossarle sotto una montagna di pixel.

Rischiamo di arrivare a vivere come nel film “Il mondo dei replicanti” del 2009 con Bruce Willis e diretto da Jonathan Mostow. Nel film degli androidi, definiti surrogati, vivono al posto degli esseri umani comandati a distanza.

Proporrei di mettere un po’, UN BEL PO’, di ordine e, soprattutto, dei CONFINI.

Tu cosa ne pensi?

ChiaraSole Ciavatta

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