Home MondoSole Michela Marzano riflessione sulle sue affermazioni sui disturbi del comportamento alimentare

Michela Marzano riflessione sulle sue affermazioni sui disturbi del comportamento alimentare

by ChiaraSole Ciavatta
Sono giorni che penso se scrivere o no in merito alla questione.
Ho già pubblicato un post su Instagram per esprimere un certo concetto in linea generale.
… Ma trovo doveroso da parte mia pronunciarmi sia sull’articolo, sia sul successivo video.
È parte integrante di me quella che viene definita “la sospensione del giudizio“… Detto in parole povere: io non giudico mai!
Quindi, OVVIAMENTE, nessun tipo di attacco, anzi, semplicemente un mio modesto parere pieno di rispetto.
Ho letto e riletto l’articolo della Marzano su La Stampa sui disturbi del comportamento alimentare e il concetto di guarigione, così come ho ascoltato e riascoltato le sue parole on-line.
Condivido diversi concetti che sono quelli basici che riguardano i disturbi del comportamento alimentare, purtroppo però sono mischiati ad altro.
Ho trovato molteplici contraddizioni nei discorsi espressi, così come, laddove esistono parole scritte nero su bianco non posso pensare che tutte siano una serie concatenata di metafore, bensì affermazioni ben precise.
Se le avessi lette allora, quando ero malata, da una persona influente come la Professoressa, e, soprattutto da una persona così nota per quanto da lei in passato dichiarato sui disturbi alimentari dato il suo vissuto, beh avrebbe sfondato una porta già ampiamente spalancata.
Come penso tutti, anche io ritenevo impossibile arrivare ad un reale punto di benessere, pensavo che al massimo si poteva trovare un compromesso, appunto, conviverci in un modo o in un altro, come lei stessa dice…
D’altronde come sappiamo LA MENTE CI MENTE, la malattia è subdola e si insinua in ogni dove.
Beh era inevitabile che io la pensassi così, perché non conoscevo altro, la mia realtà ERA LA MALATTIA e non potevo immaginare cosa potesse significare la libertà in tutte le sfere della vita partendo dalla punta dell’iceberg: il sintomo cibo!
Poi, attraverso tantissimo lavoro, il cibo è diventato solo ed esclusivamente cibo perché spogliato di tutto il suo valore emotivo pregno delle cause (traumi, shock, ecc. ecc.) che mi hanno poi portata ad ammalarmi.
Anche io, come tanti, conoscevo le tabelle nutrizionali e tutte le calorie dei cibi a memoria; in totale onestà le ho completamente dimenticate.
Molto semplicemente mangio ciò che ho voglia di mangiare, quello che mi piace senza pensarci… E, sottolineo, che  sto parlando “solo” di cibo quando sappiamo che le problematiche da sviscerare profondamente sono quelle sepolte sotto a tutti i sintomi alimentari.
Quando il sintomo è in attivo si è anestetizzati ed è complesso poter procedere nella completa rielaborazione di tutte le cause sopracitate, cosa necessaria per far pace con l’abisso che ha fatto poi esplodere tutte le sintomatologie.
Laddove esiste una sintomatologia alimentare, parlando di disturbi del comportamento alimentare, allora significa che non si è fatto pace con quelle stesse cause.
Lo stesso vale per quelli che io chiamo i DISMORFO-PENSIERI.
La Marzano scrive su La Stampa: “(…) ma si guarisce davvero? Una volta per tutte? Per sempre? E non venitemi a dire che sono disfattista, che tolgo la speranza, che non so, non conosco, non ho il diritto di scrivere o dire certe cose. Perché sono anni che, con quel mostro, ci convivo.
Sì, per carità, ho scritto che ne sono uscita, che dopo vent’anni di psicanalisi l’anoressia l’ho sconfitta, ed è pure vero. Ma. Chi ne esce davvero del tutto, completamente, perfettamente? Chi smette di fare i conti con le calorie? Il cibo resta comunque una dannazione o una ricompensa, un pericolo o un regalo: quanto hai prodotto oggi? te lo sei guadagnato il pane quotidiano? te lo meriti?
Certo, sono viva, ho cinquantatré anni, non sono più stata ricoverata, ho un lavoro bello, scrivo, faccio conferenze, salgo in cattedra o su un palcoscenico e mi diverto pure, e divento rossa quando mi dicono: brava. Ma sono davvero brava oppure? Lui, il mostro, resta dentro. E talvolta rimette in discussione tutto, persino il senso della mia esistenza. (…)”
Invito a far caso alle frasi in grassetto e a quelle in rosso: La Dottoressa afferma, senza alcuna metafora, che convive con “quella voce”.
Successivamente dice, menzionando un dolce, una sua sorta di resistenza al cibo, o meglio, in quell’occasione o in certe occasioni, di non riuscire a mangiarlo (questo in un video).
Alla fine del suo video afferma testuali: “la mia esperienza per gli altri non è così? Faccio fatica a crederlo… Io credo sia l’esperienza di chiunque” (…) “Immaginare che mai più ci sarà un rapporto conflittuale con il cibo (…) Allora le cose diventano un po’ più complicate perché da lì non se ne esce”.
Nell’ascoltarla mi sono venuti i brividi in tutto il corpo. Lo trovo assolutamente accoglibile quando una persona parla di sé… ma quando si parla di tutti, allora è un altro discorso.
Io faccio parte dei “tutti” e come me tante tante tante persone che conosco e che non corrispondono a questa descrizione, ma proprio per niente!
Inoltre dice che, in lei, il mostro ha una voce… a volte più potente e a volte più flebile. (Gentile dottoressa Marzano mi spiace tanto e spero che quella voce troverà pace!)
Queste patologie non sono un’influenza e quando sono curate nel profondo allora non ritornano, non hanno più voce!
Qualora dovessero riemergere, allora significa che il proprio percorso non è concluso ed è necessario continuare un percorso di cura/crescita.
Quante volte in colloquio sono arrivate persone dicendomi “allora Chiara, da alcuni anni sono guarita dall’anoressia (o da altri tipi di patologie), ora soffro di bulimia (o anoressia o bed…….. Chiaramente dipende da persona a persona)”.
Il punto è che la persona in questione non era arrivata a un punto di benessere stabile, nel senso che il percorso di cura non era terminato.
Io stessa, durante gli anni di malattia ho pensato di essere guarita non so quante volte, MA NON ERA AFFATTO VERO!!!!
Si trattava di un’illusione, di una speranza, della fatica di vedere che c’era ancora della strada da fare… Si trattava di quella subdola malattia che me la raccontava e alla quale io credevo, volevo disperatamente crederci….
Pensavo di essere guarita solo perché magari i sintomi si quietavano, il martello pneumatico nella testa mi dava tregua, oppure perché mi sentivo un po’ più in pace su determinate sfere della vita, o, ancora, il grido dei sensi di colpa non erano così laceranti… oppure non mi sentivo così ingombrante nel mio corpo… Eccetera eccetera.
Qindi esultavo ‘Evviva sono guarita e tutto questo è normale, in fondo ci sta… è impossibile che quella voce non ci sia proprio più… Più per niente!!!!!!’
Bugie della “voce”, della malattia!!!!
Guarire, e guarire davvero, è tutt’altro!
(Quanta tenerezza provo nel “guardare” quella me di allora, convinta… pensando che era così e che sicuramente lo era per tutti.)
…Non possiamo ritenere i disturbi alimentari una malattia a singhiozzo e non possiamo accettare di convivere, e sottolineo convivere, con quel dramma che conosciamo fin troppo bene.
Soprassiedo su una serie di polemiche che ho letto in giro sul web che non trovo affatto utili.
Anzi, paradossalmente, mi sento di ringraziare la Dott.ssa Michela Marzano perché mi permette di far luce su punti fondamentali e smentire false credenze che sono stereotipi di queste patologie.
Non amo l’espressione “il passato rimane nel passato” che è un figlia della nostra società storica… Nel senso che sicuramente il passato rimane nel passato, ma, se quel passato continua ad inquinare il presente e a compromettere il futuro, allora quel passato vive ancora nella nostra quotidianità.
Personalmente ricordo bene tutto ciò che ho vissuto e indubbiamente ci sono cicatrici rimarginate, ma non ferite aperte.
Per me è un tesoro prezioso ad oggi e lo è da oltre vent’anni, quel passato.
Probabilmente non è semplice da comprendere, ma benché abbia più volte visto la morte in faccia, nella sua spietatezza, la malattia, la vita me l’ha anche salvata perché non sarei mai stata in grado di sostenere tutte e le tante cause (traumi, dinamiche, ecc…) che mi hanno portata ad ammalarmi quando ero ancora una bambina.
No amici, non accontentatevi…
Non accomodatevi su certe affermazioni che hanno il sapore di scorciatoie.
E non accettate il concetto di “ci si può convivere!”
Si chiede aiuto e ci si cura per arrivare a stare bene con la B maiuscola e non per imparare a convivere con una grave malattia! Altrimenti non avrebbe nessun senso portare avanti un percorso di cura.
Spesso non è immediato trovare quello giusto alla propria natura, come lo è stato anche per me… La cosa fondamentale è continuare a provare provare provare e provare ancora fino a quando non lo si trova.
Io scrivo sempre “si può guarire” e lo ribadisco con forza.
Sottolineo SI PUÒ guarire… POI OGNUNO FA LE PROPRIE SCELTE, GIUSTAMENTE…. C’è chi si accontenta di un certo stato e c’è chi desidera procedere.
E non significa che uno o l’altro è giusto o sbagliato.
La cosa fondamentale è non generalizzare e quindi non fare di tutto un erba un fascio.
Determinate affermazioni della Dottoressa mi hanno lasciato molta amarezza perché non posso non pensare alle tante persone malate e famiglie disperate a casa che cercano un appiglio al quale aggrapparsi.
Non posso non pensare a quanto ce la si racconti inconsciamente quando si è nel pieno della malattia continuando a ripetersi che è impossibile guarire… Che bisogna conviverci eccetera eccetera….
Con quelle affermazioni c’è stato un via libera e cioè, come dire da una figura autorevole, “Si, hai ragione “voce”!”
Quanti messaggi ho ricevuto.
Quanto ancor più dolore.
Il concetto di guarigione è qualcosa di molto ampio (dovrei scrivere per ore) e non significa certo diventare wonder woman o Superman…
La vita è fatta di imprevisti, non esiste il controllo.
Ci sono alti e bassi.
Esistono i giorni sì e i giorni no.
Guarire non significa essere sempre felici….
Ma tutto ciò non è certamente causato dall’avere dentro ancora quella voce e cioè la malattia.
Siamo tutti esseri fragili e nessuno è onnipotente.
Io accarezzo le mie fragilità e le apprezzo…
Un tempo, a quel tempo, me ne sarei vergognata, da tanto sento che sono parte integrante di me e, ovviamente, contribuiscono a rendermi la persona che sono diventata, non solo, le fragilità sono parte integrante dell’essere umano e vale per tutti…
(Mi permetto di fare una piccola battuta ironica….
Agganciandomi al concetto di ideale di perfezione e forza della malattia… scrivo una frase che qualche volta dico: “Io sono perfetta e forte proprio perché  imperfetta e fragile”.) 🤗
Ho vissuto per una vita i disturbi del comportamento alimentare, poi ho attraversare tanti altri momenti tragici (una marea), ho vissuto più di tre anni il calvario della leucemia di mio marito che poi è morto tra le mie braccia… Insomma oltre alla malattia, di momenti molto molto difficili ce ne sono stati tanti, ce ne sono e ce ne saranno, COME PER TUTTI, ma il pensiero del cibo in restrizione o in eccesso, ecco, QUESTO NO!!!!
… Si piange, si urla, si è anche tanto giù, si cade e ci si rialza: IO LA CHIAMA VITA.
Procedendo nella mia riflessione…
…La Dottoressa la chiama “la traccia” e, per citarla, anch’io desidero denominarla così… Tengo cara la “traccia” della malattia che ho avuto che è stata anche una grande maestra nella sua drammaticità.
(Ovviamente lo dico a posteriori, nel mentre non l’avrei mai pensato).
Con umiltà e rispetto.
Un forte e caloroso avanti tutta, perché si può guarire!!! 💜🌞❣️

ChiaraSole Ciavatta @chiarasolems

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