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l’isolamento nei disturbi alimentari testimonianza

by ChiaraSole Ciavatta

l’isolamento nei  disturbi alimentari testimonianza: E’ meglio se mi chiudo in casa??????

l’isolamento nei disturbi alimentari testimonianza: Partendo  dai sintomi alimentari si riesce sempre a capire molto di se, insieme all’aiuto professionale specializzato.

Isolarsi significa sottrarsi alla vita per svariate paure, ma è davvero complesso ammettersi il timore di affrontare le relazioni, il timore di crescere, il timore di avere responsabilità, cercare di evitare ogni cosa spaventi.

E’ frequente che si ricorra inconsapevolmente ai dolorosi sintomi come mezzo per isolarsi e chiudersi nel perimetro del proprio mondo pieno di sofferenza.

Vorrei soffermarmi particolarmente sulla visione di se stessi.

Ricordo quando mi vestivo coprendomi dalla testa ai piedi per la vergogna di come ero, di come mi percepivo. Era per me estremamente difficile guardare negli occhi una persona, parlarci, vivere! Mi illudevo che il mio problema fosse come apparivo agli occhi degli altri e così prima o dopo finivo per chiudermi in casa, perché non volevo essere vista, per la vergogna.

Nessuno mi doveva vedere, mi chiudevo nelle mie quattro mura; isolandomi, sentendo che nessuno poteva capire. Ero sola. Mi sentivo sola dentro di me, indipendentemente dalle persone a me vicine, sola in un dolore che paradossalmente mi permetteva un rifugio lontana dal mondo di tutti. Regnava sovrana in me una profonda sfiducia verso tutto e tutti… Ma era davvero verso le altre persone?!?!

Nel pensiero/frase che spesso dicevo “non posso uscire perché sono grassa, non posso farmi vedere messa così”, ho compreso che io stessa proiettavo sugli altri ciò che vedevo/sentivo in me.

Come se tutti potessero percepire la visione distorta che io stessa avevo del mio corpo (indipendentemente dal peso specifico del momento), ma questo non valeva “solamente” per il corpo… come sempre quella è la punta dell’ice berg. Valeva per qualunque altro aspetto negativo la mia bassa autostima riteneva possedessi.

Il terrore che gli altri, in fondo, potessero sentire/percepire le mie infinite difficoltà in tutte le sfere della vita.

“Usavo”, senza rendermene conto, i sintomi per non vivere, per non uscire, per non affrontare le difficoltà, le paure.

Era sempre così: sicuramente le persone pensavano di me che non valevo nulla, ma in realtà ero io a pensarlo. Gli altri mi giudicavano sempre??? No, il più severo giudice era dentro di me, nella mia malattia.

Nel mio essere enorme, mi sentivo invisibile. #doloreinvisibile

Quell’enormità dettata da un dolore senza nome, mi faceva sentire che le persone potevano avercela con me costantemente, quando in realtà ero io ad essere arrabbiata con me stessa. PROIETTAVO SEMPRE TUTTO FUORI, perché fermarmi a guardarmi dentro faceva davvero male e i miei sintomi mortali e autolesionistici mi proteggevano da tanta sofferenza anestetizzandola.

Pensavo fosse una lotta tra me e il mondo quando in realtà si trattava di una lotta tra me e me e, in realtà, questo pensiero si alternava.

Si, sono stata davvero enorme, molto più che enorme… ben al di là dei miei chili, era il mio dolore ad essere grassissimo!

ChiaraSole

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