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Trascrizione dell’intervista Salute&Benessere di Barbara Gnisci Corriere Romagna
Disturbi alimentari:
Il 15 marzo si colora di Lilla
Le storie di chi è riuscita a guarire E di chi accoglie e accompagna le persone verso un percorso di guarigione.
L’iniziativa giunta alla decima edizione.
Per dare speranza a chi sta lottando, Per accrescere la consapevolezza dei singoli e delle istituzioni, per creare aggregazione supporto, per dare voce A chi pensava di averla persa e per ricordare chi non è riuscito a sconfiggere la malattia, il 15 Marzo è stata istituita la Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla contro i disturbi del comportamento alimentare.
L’iniziativa è giunta ormai alla sua decima edizione, anche se in Italia è diventata ufficiale solo nel 2018.
Sono le storie di vita che, più di ogni altra cosa, possono lavare la drammaticità di questi disturbi, le storie di chi li ha vissuti sulla propria pelle e di chi quotidianamente aiuta queste persone a riemergere.
Ecco MondoSole: Un luogo sicuro per trovare un aiuto
Nasce nel 2004 a Rimini, inizialmente un’associazione e poi anche un centro specializzato per persone di ogni età
Professionalità, rigore, empatia, capacità di ascolto, esserci, accogliere le emozioni delle persone che soffrono, delicatezza nel trattare i loro vissuti insieme a voglia di fare, di aiutare e poi a VIVERE FINALMENTE.
È su questi presupposti che nasce nel 2004 a Rimini, MondoSole, inizialmente un’associazione, e poi anche un centro specializzato in disturbi dell’alimentazione e altre dipendenze al quale afferiscono persone provenienti da tutta Italia.
È dall’incontro tra il dottor Matteo Mugnani, un clinico psicoanalista con varie specializzazioni, e ChiaraSole Ciavatta, una giovane donna che ha vissuto sulla propria pelle quei disturbi, che prende vita un centro che a oggi ha assistito tantissime persone e famiglie.
«Nel 2001 decisi di creare un sito web per raccontare la mia storia, dopo la guarigione dai disturbi dell’alimentazione – spiega ChiaraSole Ciavatta, – ma non avevo in mente di rimanere nel mondo del sociale, il tutto è avvenuto in modo molto naturale e spontaneo.
Avevo 26 anni, era il 2001.
La risposta è stata inaspettata. Io mi ero esposta, mettendoci la faccia cosa non affatto comune all’epoca, perché non avevo nulla di cui vergognarmi e sono stata letteralmente sommersa da email da donne, uomini, famiglie, genitori disperati che decidevano di curarsi e che si rivolgevano a me».
ChiaraSole inizia a collaborare con vari professionisti del settore, scrive un libro autobiografico e si forma come operatrice sociale: «A quel tempo anche Matteo Mugnani mi contattò dopo aver letto il mio libro e quando ci conoscemmo, capimmo che se avessimo messo insieme il suo sapere e la mia esperienza diretta sul campo, avremmo dato vita a una fusione unica.
MondoSole rappresenta, infatti, l’integrazione del mondo clinico con quello esperienziale».
Segue per entrambi un periodo di studi trasversali e internazionali al fine di creare un proprio metodo su ciò che sapevano essere mancante sul territorio: «MondoSole si basa su un lavoro di equipe che crea con le persone che si rivolgono a noi un percorso personalizzato finalizzato alla comprensione del significato dei propri sintomi e alla riorganizzazione della propria vita. Si tratta di un centro volto al reinserimento sociale delle persone che soffrono di disturbi alimentari e che coinvolge anche il nucleo familiare, un percorso per far pace con il proprio passato traumatico che ha portato ogni singola persona ad ammalarsi».
Bambine e persone di 80 anni, tantissime le persone che si rivolgono a MondoSole da tutta Italia e non solo: «L’anoressia, la bulimia, il binge eating non sono un capriccio, ma una vera e propria malattia, che “c’entra poco” con il cibo e con il corpo. Non è una cosa che si sistema con la forza di volontà ne da soli, ma un labirinto, una prigione mentale che coinvolge tutte le sfere della vita. A MondoSole c’è anche un atelier clinico in cui si svolgono svariate attività.
A causa della drammatica pandemia, abbiamo ovviamente modificato parte dell’approccio per evitare assembramenti. Adesso siamo particolarmente presenti e accogliamo chi soffre anche on line proprio a causa del Covid-19.
Crediamo in un approccio multidisciplinare con Fiorella Nikolla, Even Mattioli, Fabio Appolloni tutti psicologi-psicoterapeuti con tante e diverse formazioni. Ci occupiamo di tante cose tra cui di sensibilizzare e di informare cercando di attivare una riflessione culturale sui valori del ruoli familiari e dei messaggi riguardanti il cibo e il corpo».
Il racconto di chi è stato più forte dell’anoressia e poi anche della bulimia
La testimonianza di Giada, oggi completamente guarita erano in lotta tra periodi di restrizioni e di abbuffate
«Ero alla comunione di mia cugina la prima volta che mi abbuffai. Mi accorsi che avevo sgarrato mangiando un pezzo di pesce in più di quanto mi fossi prefissata. In quel momento mi dissi che era finita, che ormai era fatta. Cominciai così a ingoiare cibo su cibo». Come un fiume in piena, il dolore quando rompe gli argini spazza via tutto ciò che incontra. Ed è così che probabilmente Giada deve essersi sentita quando si rese conto di non aver mantenuto fede al patto con se stessa, cioè mangiare sempre meno, come se esercitare controllo sul cibo equivalesse a rendere silente la sofferenza. Ma quando il confine viene superato, dall’altra parte il dolore ci aspetta con la stessa intensità.
«Con il cibo ho sempre avuto un rapporto particolare. Fin da piccolina era spesso un mezzo consolatorio. Con il mio corpo non mi sono mai sentita a mio agio. Mi sentivo sempre inadeguata. Ora so che quella situazione era il riflesso di quello che avevo dentro».
È in quarta superiore che Giada si scontra con l’anoressia: «La scintilla è stata una dieta che ho seguito per qualche mese, ma si trattava solo della punta dell’iceberg di un dolore che lavorava dentro di me da tanto tempo. Un dolore sommerso. Mi sentivo di poter controllare il mio peso, mi illudevo di poterlo fare. Provavo un fortissimo godimento davanti all’ago della bilancia che si spostava sempre di più verso il basso, ma non bastava mai. Cercavo di adattare la dieta, diminuendo sempre di più le porzioni. Mi dava soddisfazione riuscire a resistere, ma non ero felice, non era mai abbastanza, alla fine ero sempre delusa. Oggi so che il problema non era il mio corpo, non lo è mai stato. E nemmeno il cibo».
Dopo circa 7 mesi di anoressia, Giada passa al binge eating: «A un certo punto, si è presentato il risvolto della medaglia, le abbuffate. Mangiavo in modo compulsivo e poi compensavo con lo sport altrettanto compulsivo. Per me non andare in palestra era devastante, credo che a volte mi abbuffassi proprio per andare ad allenarmi. Lo sport era diventato una forma di pulizia. Anche se avevo ricominciato a mangiare, continuavo ad avere una mente anoressica, ero priva di emozioni, l’unica cosa che sentivo è che dovevo essere dritta, piatta. Non mi importava se brutta o bella. Volevo perdere peso. Sempre di più».
Il passaggio tra restrizioni e abbuffate dura diversi anni tra la preoccupazione e la disperazione della famiglia di Giada: «Quando ho ripreso a mangiare, inizialmente i miei si rasserenarono, perché pensavano che ero guarita, ma da lì a poco si trovarono a nascondere il cibo, a portarselo in camera e a chiuderlo a chiave, perché io mi alzavo di notte ed ero capace di mangiare tutto. Mi attaccavo persino ai surgelati. Sentivo un bisogno assoluto di buttare dentro di me del cibo, di riempirmi».
Poi un incontro importante: «Un giorno, una mia amica mi ha parlato di ChiaraSole che aveva da poco fondato, insieme al dottor Matteo Mugnani, nella mia città a Rimini, MondoSole, un centro per la cura e la riabilitazione di chi soffre di disturbi dell’alimentazione. Era il 2004. Ho ancora impressa la sensazione che provai , quando vidi ChiaraSole per la prima volta, un moto di speranza mi attraversò il cuore».
Nel 2006 Giada comincia a stare meglio, anche perché e’ stato proprio quell’anno in cui ha cominciato realmente il suo percorso di cura: « Dopo aver iniziato il percorso lo interruppi, perché all’epoca soffrivo anche di una dipendenza affettiva. Stavo con una persona che non mi faceva bene, ma non riuscivo a stare senza. Quando Chiara e Matteo mi invitarono ad affrontare quella sofferenza della sfera affettiva che mi devastava, me ne andai. Ovviamente la storia con quella persona peggiorò, il sintomo aumentava e per cercare di non sentire tutto quel dolore, ho iniziato ad uscire sempre più spesso. Serate e nottate con tante ‘amiche’, anche se in realtà’ mi sentivo tremendamente sola. Non ce la facevo più, da sola non riuscivo ad uscire da tutto questo e così decido di richiedere aiuto. Ritorno da Chiara e Matteo.
Ho faticato tanto per rimettermi in careggiata. Andai a vivere con alcune ragazze che avevo conosciuto al Centro MondoSole. È stata un’esperienza fondamentale per me, a distanza di anni una di loro è ancora la mia migliore amica. Ognuna di noi faceva quello che poteva e come poteva, con i suoi tempi e le sue fatiche. Eravamo tutte specchi, ci riflettevamo l’un l’altra, e questo ci aiutava tanto a capire qualcosa in più di noi e a sentirci meno sole. Nessuna di noi era operatore l’una dell’altra, facevamo sempre riferimento all’equipe per tutelarci e tutelare , data la potenza di queste malattie».
Ed è proprio quando non ci si nasconde più dietro a un sintomo, quando si interrompe quel meccanismo di ricerca costante di qualcosa che possa giustificare, spostare, lenire e colmare il dolore, che questo si manifesta in tutta la sua potenza. Sentire il dolore è come cadere in un vuoto, o essere preda di un vortice che a volte è talmente forte, che per resistere lo si deve riempire.
In quel periodo Giada frequentava i gruppi di MondoSole: «Vivere in quella casa, fare le sedute con gli esperti del centro e frequentare i gruppi più volte a settimana mi faceva sentire protetta, ma allo stesso tempo libera di sperimentare, di vivere senza se e senza ma. Oggi Giada Monaldi ha 38 anni ed è guarita dai disturbi dell’alimentazione: “Sono più di 10 anni che non ho ricadute, nemmeno nei momenti più critici. Ora mi sento a posto con me stessa, non più inadeguata. Ho migliorato tutti quei rapporti che pensavo persi. Inoltre ho preso consapevolezza che non è tanto la realtà oggettiva a far male, ma come tu la percepisci, in base alla propria sensibilità’. Ho sempre sminuito il mio dolore, mi sono sempre messa un po’ in disparte, pensando di arrecare fastidio. Ora non è più così, mi prendo il mio spazio, vivo le relazioni, sento le emozioni, sia positive che negative. Per me guarire non significa non soffrire più, ma avere gli strumenti per riuscire a superare anche quei momenti.
Stando finalmente bene, sono riuscita a creare la mia famiglia con presupposti sani. Ho sposato un uomo meraviglioso che si chiama Massimo e insieme abbiamo una bimba di 2 anni. Una vera gioia!
BULIMIA NERVOSA
Le abbuffate ricorrenti sono l’elemento caratterizzante del la bulimia nervosa, che è spesso l’evoluzione naturale dell’anoressia e compare quando la restrizione anoressica diventa insostenibile. Per abbuffata si intende mangiare in un deter minato periodo una quantità di cibo significativamente maggiore di quella che mangerebbe chiunque altro in quella stessa condizione. Per ripulirsi dagli eccessi alimentari spesso si utilizzano lassativi e/o ci si sot topone a lunghe sedute di gin nastica compulsiva. La persona bulimica si illude di colmare at traverso un eccesso di cibo il suo vuoto emotivo e utilizza l’abbuffata come un ansiolitico con cui anestetizzare le emozioni sia negative che positive. Le persone soggette ad abbuffate hanno la sensazione costante di perdere il controllo durante l’episodio e di non riuscire fermarsi. La bulimia lascia tracce profonde nel corpo. Per esempio, l’acido del vomito corrode i denti, brucia lo stomaco e l’esofago con con conseguenti ulcere e gastriti. I continui conati fanno perdere sodio e potassio senza i quali aumenta pericolosamente la possibilità di avere un arresto cardiaco.
ANORESSIA NERVOSA
L’anoressia nervosa è caratterizzata da restrizione nel l’assunzione di calorie che por ta a alla perdita significativa di peso corporeo in relazione al l’età e al sesso. L’anoressia e contraddistinta da una legge interiore che spinge a unari nuncia ad alimentarsi, o a farlo scegliendo accuratamente gli alimenti consentiti e quelli da non consumare mai. Le perso ne con questo disturbo nutro no un’intensa paura di aumentare di peso e hanno una visione alterata del proprio corpo e della percezione del proprio peso. L’anoressia è un modo per dire no, per negarsi sottrarsi a qualunque legame sociale ea qualunque forma di piacere. Chi soffre di anoressia mira a raggiungere non tanto il dimagrimento, bensì a scomparire ea far scomparire il proprio dolore interiore. É spesso presente un senso di onnipotenza molto pericoloso. Può comparire associata a dele ass condotte di eliminazione, quali vomito autoindotto, utilizzo di lassativi, diuretici e sport compulsivo. L’anoressia può la sciare danni medici rilevanti. Non ci si ammala di anoressia per dimagrire.
BINGE – EATING
Il binge eating disorder (BED), in italiano “disturbo da alimentazione incontrollata” è caratterizzato da episodi di feroci abbuffate compulsive senza vomito. A volte, per cercare di compensare, la persona malata si dedica ad eccessivo sport. Molte persone che soffrono di binge eating possono essere in sovrappeso o obese. II BED è uno dei più recenti di sturbi alimentari riconosciuti formalmente nel DSM 5 (Il manuale diagnostico e statistico del disturbi mentali).
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