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Il dolore è stato parte integrante del mio percorso. ChiaraSole Ciavatta

Il dolore è stato parte integrante del mio percorso. ChiaraSole Ciavatta

by ChiaraSole Ciavatta

(4 Sett… pensando un po’ a voce alta:) Il dolore è stato parte integrante del mio percorso.

Come ho scritto anche in precedenza, ho qualche ricordo sparso di sorrisi, ma anche di risate, ma di stabili periodi di pace NO.

So che già quando la mia casa era il ventre di mia madre fuori da quel sottile perimetro, accadevano situazioni che io già sentivo anche perché appena nata per ben un anno e mezzo di vita ho avuto sei otiti tutte regolarmente operate.

Va da sé, evidentemente, che già da allora mi ORGANIZZAVO INCONSCIAMENTE attraverso il corpo (nello specifico l’udito) per proteggermi. Così il corpo diventa-va una sorta di scudo per cercare di sfuggire al SENTIRE.

Che incredibile potere ha la mente umana, da sempre mi ha INFINITAMENTE affascinata!

Tanto dolore nel cuore da scaraventarlo brutalmente sul corpo. Posso affermare che da allora non è cambiato molto nel senso che il mio corpo ha sempre parlato.

Inoltre, oltre a non voler sentire, già da allora “DOVEVO” RIEMPIRE quel vuoto pieno di frustrazione con il godimento nutrimento, con la minestrina che mia madre mi preparava.

Proprio lei mi racconta che se tardava anche solo qualche secondo a portare il cucchiaio alla mia bocca, io accennavo una smorfia di pianto.

Ancora non parlavo, ma gridavo cibo da tutti i pori.

Da subito, da sempre il cibo è stato il soggetto, il rifugio, il baby sitter, la rivoluzione, la punizione, il premio, la gratificazione, il ricatto, il riscatto, l’amore, l’odio… TUTTO E IL CONTRARIO DI TUTTO.

Il dolore è stato parte integrante della mia vita, anzi direi, molto più dolore in percentuale, che il suo contrario.

Mi riferisco ai tanti anni di malattia, ma non solo: anoressia, bulimia, binge eating, depressione, cutter, nes (….ecc….), attacchi di panico, dipendenza affettiva e altre forme di dipendenza… (…..). Tutto questo da quando sono nata circa, fino al 200/2001 più o meno.
È difficile scandire delle date ben precise, anzi non è proprio possibile.

Sono riuscita a diplomarmi con difficoltà, non per lo studio, bensì per altri motivi: in quinta liceo ho tentato il suicidio, mi hanno presa per i capelli, sono stata in coma. Ed ecco l’ennesimo ricovero dall’altra parte d’Italia che, ovviamente, io rifiutavo.

A posteriori sono grata per quel ricovero, perché probabilmente oggi non sarei qui.

Mi riferisco al ricovero in quanto urgenza indipendentemente dal peso corporeo.

Il percorso di guarigione ha tempi ben più lunghi di quanto si possa fare in sede di ricovero o casa di cura, lo dico per esperienza e non solo mia.

Beh… mi hanno ricoverata, come ho scritto anche nel mio libro, a fine primo quadrimestre, media dei voti buona e, in accordo con il direttore, se fossi tornata per l’esame di maturità, l’avrei potuto sostenere.

Indovina indovinello?!?! Non è stato così. Sono tornata proprio per l’esame, ma nulla. Non ho potuto sostenere l’esame di maturità.

Che strano eh?!?! Ricordo quanto mi ha scossa, anzi scioccata tutta questa situazione. Mi sono sentita presa in giro così tanto, proprio nell’onore. Colpita nella dignità. Per essere presente all’esame ho lasciato il reparto prima del previsto.

Ero anche, ovviamente, in pericolo per quanto concerne la mia incolumità.

Demotivata e sfiduciata verso tutto: cura, medici, psicologi, scuola, professori, PERSONE, ESSERI UMANI! Sentivo un senso di tradimento trasversale.

Non ricordo se sono tornata in quella lontanissima casa di cura. Ho memoria solo che in quel posto si sono stata ben tre volte con scarsissimi, se non nulli, risultati.

Quello che ricordo di quel periodo è la brutalità dei sintomi, di tutti i sintomi che si alternavano. Si, ricordo l’incredibile violenza nel vano tentativo di sedare con le varie sintomatologie tutto quello che provavo, era davvero troppo da sostenere.

Un’infinità rabbia che in realtà nascondeva una tenera creatura che ancora una volta non è stata vista, ne capita, né tanto meno accolta.

Tanta rabbia perché per la milionesima volta mi sono sentita un numero, un essere con un “disturbo” che non capisce un cAzZO e che non merita considerazione da nessuno nonostante il grande impegno.

Insomma ne ho fatte di tutti i colori, arrabbiata con tutti, me la sono presa con me, ma non scendo nei particolari per tutela di chi soffre di DCA e sta leggendo.

Non so con quali forze né con quale motivazione ho ripetuto l’anno, ma l’ho fatto.

Era il 1995.

Ebbene sì “sesta” superiore. Nuova classe. Non vi sto a dire che panico. Una paura pazzesca.

Mi chiamavano per le interrogazioni e io non riuscivo a dire neanche una parola, a stento mi alzavo. Tremavo. Iniziavo a sentire fuoco per tutto il corpo, mi sentivo completamente immobilizzata. Già era una sensazione conosciute a scuola normalmente, figuriamoci in una classe tutta nuova.

Spesso cominciavo a non respirare più. Sentivo dolore ovunque. Mi sentivo svenire.
In poche parole si alternavano attacchi di panico, di ulcera e altro ancora.

Inoltre mi abbuffavo e vomitavo continuamente: prima di arrivare a scuola, durante gli orari scolastici e, ovviamente, dopo.

A scuola si è trovata una soluzione che penso nessuno studente avrebbe voluto: per le interrogazioni mi chiamavano nella stanza privata degli insegnanti e mi interrogavano face to face.
Certo non era facile, ma almeno non rischiavo nessun infarto, riuscivo a parlare.

Anni e anni di inferno, così come per tante persone come me che hanno avuto i DCA durante gli anni scolastici.

(A proposito di tutti gli anni di scuola… Non mi soffermo sulle tante prese in giro e anche il tanto body shaming perché altrimenti questa riflessione/testimonianza diventerebbe chilometrica).

Comunque poi mi sono diplomata e a posteriori ne sono stata contenta.

Da qui ancora diversi anni di cure, psicologi, psicoanalisti, ricoveri, comunità, cure alternative, cure new age, ecc… prima di arrivare ad un reale punto di benessere.

Ma poi pian piano ci sono arrivata.

Sono stata malata una vita e quindi ho cominciato a darmi da fare ininterrottamente. Ovviamente anche durante la malattia andavo a lavorare, ma è tutta un’altra cosa. Con la lucidità che si acquisisce senza sintomi cambia tutto.

Mi sono avventurata in diversi lavori, oltre al volontariato che era per me naturale. Non avevo pensato di tornare in qualche forma nel mondo dei disturbi alimentari.  Ho spesso sentito la frase “desidero guarire per aiutare chi soffre di DCA”, assolutamente lodevole, ma io ero troppo presa dalla guerra interiore tra me e me e non c’era questo pensiero anche perchè era difficile aiutare me stessa, quindi non potevo pensare a qualcun altro men che meno “sullo stesso campo di battaglia”.

Poi il tutto è avvenuto in un modo molto spontaneo…

Intorno al 2004 ero già da tempo un operatore volontario attivo nei DCA e lavoravo a RSM per una società. Avevo già scritto il mio libro autobiografico, prima ancora avevo realizzato il mio sito.

Mi contatta tal Dott. Matteo Mugnani dell’associazione tal dei tali… ecc.

Aveva letto il mio libro, ne era rimasto colpito e aveva interesse a conoscermi.
Io ho rimandato un po’ la cosa e spiego subito perché:

Dopo essermi formata, quando ho cominciato ad essere attiva come operatore. … non sono capitata in “buone mani”.

In me c’era il “E’ TUTTO NUOVO DI NUOVO”, dopo una vita di malattia, avevo un’idea, una sorta di idealizzazione e cioè che tutti volevamo la stessa cosa: essere uniti per aiutare chi soffre, senza rivalità o invidie o cose di questo genere.
Da più di una persona la mia storia è stata usata, lo stesso vale per la mia presenza. La mia persona è stata strumentalizzata per scopi discutibili e per un tornaconto personale, da piu’ persone e anche, addirittura, da una figura che conoscevo da anni.

Sono state grandi delusioni.

Preferisco non aggiungere altro, ma lasciare solo qualche accenno per farmi conoscere meglio.

Tutto questo mi ha fatto molto soffrire, nel contempo, onestamente non posso non dire che sono grata a questi accadimenti perché ho comunque imparato tanto, anche se una grande parte di me rimarrà sempre la stessa idealista. NON CAMBIERA’!

Dopo questa trafila di personaggi davvero pessimi, successivamente, ci sono sempre andata con i piedi di piombo, anche perché significava e significa suggerire una figura clinica ad una persona che soffre infinitamente. E dunque voglio e devo essere sicura. Quelle esperienze negative, alla fine, mi hanno fatto bene per fare del bene.

Un mashup fra le esperienze avute durante la malattia e quelle post malattia sono state una grande scuola di vita!

….per me vale sempre la regola che se non si è

una brava persona non si può essere un bravo/a clinico/a!

Alla fine quel tal Dott. Matteo Mugnani l’ho incontrato.

Prima ci siamo sentiti un paio di volte al telefono e l’impressione era stata buona.

Poi… fermi tutti: ci siamo dati appuntamento per lavorare il 14 Febbraio di Sabato a Rimini e lui era di Bologna.
Per me questo è un grande segnale e cioè non stare tanto a guardare il periodo natalizio, il sabato, Agosto e così via. Perfettamente coerente con i disturbi alimentari (IL DOLORE NON HA PAUSE O FESTE).
Un incontro durato 3/4 ore. Fantastico.

Per diverso tempo il nostro rapporto è stato prettamente professionale.

Davvero un clinico raro. Ci siamo reciprocamente insegnati tante cose nell’arco degli anni. Entrambi sapevamo che nel panorama sanitario erano mancanti delle situazioni specifiche per chi soffre di DCA e volevamo realizzarle. Lavorare non ci faceva certo paura, anzi.

Mai avrei pensato che mi sarei innamorata di lui e che sarebbe diventato mio marito.
E invece è andata proprio così… e proprio in un momento in cui l’essere single mi calzava a pennello 😉.

Un giorno Matteo mi stava accompagnando in un ospedale a Modena da una ragazza, per anni io sono stata itinerante, e gli ho proposto di fondare una associazione.

Gli ho chiaramente detto che volevo fondarla e perchè non farlo insieme?!?!

Abbiamo fondato MondoSole nel 2004 unendo il mondo clinico e quello esperienziale.

Matteo… Noi… beh… Immagina: Quella che tu pensi essere la storia della vita. Quella per cui decidi di sposarti, dopo che per tutta la vita hai pensato e detto che non l’avresti mai fatto. La storia d’amore che potrebbe anche ipoteticamente avere dei problemi, ma la volontà di stare insieme è più forte e quindi ci si rimbocca le maniche e si affronta tutto, SEMPRE!

Di tanto in tanto, immaginare insieme come e dove trascorrere gli anni della vecchiaia. In poche parole: si, noi saremmo stati insieme. Lo sapeva Matteo e lo sapevo io.

Un giorno qualsiasi, era Marzo 2015 ci alziamo per andare a MondoSole. Da qualche giorno Matteo aveva i linfonodi gonfi e decidiamo che io vado a MondoSole e lui a fare accertamenti.

Nel tempo… un esame, un altro esame, un altro esame… e noi che speriamo, speriamo e speriamo ancora.

Ci avevano anticipato che era un linfoma e poteva essere un Linfoma di Hodgkin oppure un Linfoma non Hodgkin.

La conferma arriva con la Pet, il mio Matteo era tutto illuminato peggio di un albero di Natale… Eh si, ce l’aveva: una forma tra le più gravi di malattie del sangue.

Un tumore che l’avrebbe tenuto praticamente sempre in ospedale rinchiuso in un stanza a fare chemio, rachicentesi, ecc.
Un’odissea che non si può spiegare.

Ho dei flash di quanto è accaduto, di quello che ha e abbiamo vissuto che sembrano un film horror o di fantascienza, totalmente ai confini della realtà. Pazzesco.

Quando l’hanno dichiarato terminale, l’ho portato in Hospice a Rimini. Un mese e mezzo tutto nostro.
Intanto però la nostra cagnolina Agata stava peggiorando tantissimo ed era morto da poco il gattino Lucio. Inoltre in quel periodo è deceduta una persona verso la quale nutrivamo un’affezione infinita.

Io vedevo gli esami del sangue, parlavo con i medici e con Matteo, che era molto consapevole, ma non ci credevo che sarebbe morto. No, non era proprio nelle mie corde.
Non mi allontanavo mai dalla stanza. Fortuna che ero lì quando ci ha chiamato il Papa.

Matteo teneva tanto al rinnovo dei voti nuziali ed era tutto organizzato per settembre. Pur non credendo a nulla ho sentito quanto avevano detto due medici e cioè che non c’era tempo ed era questione di giorni. Settembre sarebbe stato dopo alcuni mesi, quindi nell’arco di una giornata ho organizzato il matrimonio in Hospice. Ovviamente con l’immancabile Don Tarcisio. E’ stato bello e toccante. E’ stato infinito.
Noi eravamo all’apice del nostro amore.

Come pensava lui e sono stata d’accordo, “ dire ti amo per noi non basta, è poco; è troppo poco!”

Matteo è morto tra le mie braccia il 2 Febbraio 2018 e la rielaborazione di questo importantissimo lutto continua e continuerà.

….d’altronde, come dico sempre, noi non ci siamo lasciati… è successo qualcos’altro…

La cosa che c’è sempre stata e continua ad esserci è la GRATITUDINE DI AVERE AVUTO LUI NELLA MIA VITA E DI AVERE AVUTO UN COSI’ GRANDE AMORE.

Il dolore è stato parte integrante del mio percorso, ma mi ha fatto capire che niente è più prezioso di un grande amore per il quale sarò sempre grata alla vita.

Cit. Le parole che non ti ho detto.

Io ho scelto di andare avanti e vado avanti in tutti i sensi, certo, non è sempre facile, ma avanti tutta!

Continuo la mia vita, continuo il mio percorso. 

Ho conosciuto persone che non sono riuscite a farlo; perduto l’amato o l’amato si sono completamente bloccate… Beh la gente giudica continuamente ed è molto triste.

Un invito all’indulgenza e alla comprensione. Ognuno vive ciò che la vita gli presenta in un modo del tutto personale non giudicabile ne opinabile.

Nell’esempio specifico che ho portato mi sento di abbracciarvi forte, fortissimo. Vi capisco!

Sono cose che non faccio d’abitudine. Oggi si. Essendo una data significativa e cioè il 4 Settembre, dedico al ricordo di Matteo, questa riflessione, testimonianza.

AVANTI TUTTA SEMPRE!!!

ChiaraSole Ciavatta

PS: Come in ogni cosa bisogna passarci per capirla davvero…

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