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disturbi alimentari cura affidarsi e fidarsi

by ChiaraSole Ciavatta

disturbi alimentari cura affidarsi e fidarsi: DCA fidarsi e affidarsi nella cura testimonianza riflessione

disturbi alimentari cura affidarsi e fidarsi:

Fidarsi: verbo intransitivo. avere fede/fiducia in qualcuno o in qualcosa
af-fidarsi: verbo transitivo. dare in custodia a qualcuno di fiducia. mettersi con fiducia nelle mani di qualcuno.
Fidarsi e successivamente affidarsi è davvero difficile, soprattutto quando lo si è già fatto e, in tutta risposta, si è ricevuto una grande delusione.
In questo male si tenta continuamente di attuare un controllo e spesso ci si illude di averlo attraverso i sintomi e i rituali che si instaurano giorno per giorno.

Pensare di fidarsi di qualcuno fuori da noi tanto da affidare la propria vita nelle sue “mani” andando contro a quello che la malattia ci ordina come un diktat assoluto, è davvero complesso. Si ha sempre l’impressione che l’altro voglia farci del male, che desideri, per qualche suo motivo, “fregarci”. Uscire da quei riti, quegli schemi tanto amati/odiati sembra tanto assurdo quanto impossibile. Il primo vero ostacolo di un percorso di cura è proprio questo: l’affidarsi alla cura stessa che si è scelta.
ChiaraSole

Giusy P.: Negli anni più bui ho sempre pensato che guarire significava trovare la “mia giusta dieta” riducendo tutto il problema al cibo che ero assolutamente in grado di “affrontare da sola”, sicuramente perché dentro di me ero convinta che mai sarei riuscita ad uscire definitivamente da quel tunnel…

Con il tempo ho capito che questo era il pensiero “più comodo” che io potessi trovare per non lottare realmente contro questa subdola malattia.

Sono andata per ben 5 anni da 3 terapeuti diversi spinta dalla mia famiglia ricercando sempre problemi e quindi trovando conferma alla mia teoria che per me nulla sarebbe mai cambiato..

Aldilà del fatto che fosse realmente possibile che non era il posto giusto (poiché ogni persona deve trovare il suo personale percorso) ma soprattutto non era il momento giusto perché io in primis non ci credevo..

Delegavo la mia guarigione all’altro chiedendo teoricamente un manuale per il quale sarei potuta guarire cosi sarebbe stato più semplice poi incolparli per i miei sicuri insuccessi e quindi confermare nuovamente la mia teoria..

E’ vero che si è stanchi del dolore, la passività, la frustrazione, l’inadeguatezza e tante altre sensazioni dolorose che comporta questa malattia ma è altrettanto vero che è l’unica cosa che conosciamo bene…

Non possiamo sapere quello che ci è mancato prima che arrivi..Ricordo bene il mio primo periodo a MondoSole (l’unico percorso che finalmente avevo autonomamente scelto di affrontare) elogiavo valori come libertà di parola, libertà di scelta etc solo perché avevo appena preso la mia prima decisione importante: frequentare l’università, o solo perché vivevo da sola già da tanti anni e perché per me apparentemente conducevo la “mia vita” aldilà della malattia…

Bene in quei primi mesi iniziai a capire che non esisteva un aldilà della malattia, che io non ero in grado di assumermi alcuna libertà di scelta e che non controllavo niente ma era la malattia che controllava me… Era lei che decideva per me se quel giorno “potevo permettermi” di uscire anche se avevo ingerito qualcosa, era lei che controllava e mi anestetizzava da tutte le sensazioni belle o brutte.

In realtà io stavo vivendo passivamente lasciandomi trasportare da paure e dolore….

E’ stato difficile fidarsi ed affidarsi a persone all’inizio sconosciute ma nelle quali leggevo negli occhi una luce di speranza… All’inizio affidarsi completamente provando a non ascoltare quei maledetti meccanismi malati che ormai erano intrinsechi in me, sconvolgendo completamente gli schemi che negli anni si erano radicati diventando un abitudine, staccando la mente ed imparando ad ascoltare un altro tipo di linguaggio e comunicazione e poi nel tempo continuare a fidarmi sebbene molte volte era più semplice scappare o incolpare chi avevo di fronte, dimenticando che dall’altra parte c’erano persone che sicuramente erano più lucide e che tenevano molto di più loro a me che io a me stessa..

Tante volte ho detestato coloro che secondo me “non mi capivano” semplicemente perché mi dicevano parole che le mie orecchie non volevano sentire e la mia testa non voleva accettare…

La verità faceva troppo male, troppo dolore sentivo dietro quelle frasi ma del resto altrettanta era la disperazione che provavo nelle giornate intente a vomitare o a restringere…

Quella verità dolorosa almeno aveva un carattere costruttivo, seppur con difficoltà. So bene quanto sia difficile fermarsi e provare a sentire quella sofferenza che per anni si anestetizza con il sintomo ma oggi so altrettanto quanto vale la pena affrontare tutto per poi avere veramente la libertà di vivere.

E’ stato importante con il mio lavoro terapeutico affrontare e successivamente metabolizzare le mie dinamiche ,seppur con difficoltà, accogliendo le sensazioni che ne venivano fuori capendo poi che più una situazione mi spaventava più la dovevo affrontare per poi poterla superare.. Non sempre durante il percorso la motivazione rimaneva forte e costante ma osservare davanti a me persone che ce l’avevano fatta era uno sprono continuo.

Con il tempo i ricordi più difficili e dolorosi che mai avrei creduto di poter far fronte si sono man mano affievoliti rimanendo comunque momenti infelici del passato ma senza più quel frustrante dolore e soprattutto senza più alcun potere distruttivo nel mio presente e futuro.

Ho imparato che guarire non significa vivere sempre felici e contenti perché anche questo sarebbe fittizio ma far propri degli strumenti che ci permettono di affrontare la vita con le gioie, dolori ,delusioni, soddisfazioni che essa comporta… insomma la vita reale.

Giusy P.

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