il controllo nei disturbi alimentari: il bisogno di controllare, o almeno illudersi di farlo in anoressia, bulimia, binge eating
il controllo nei disturbi alimentari: “Il desiderio di controllo.. fa perdere il controllo” L. Littleword
Credo che per le persone in lotta con un disturbo alimentare, il piatto (inteso come cibo e modalità di nutrirci) sia il proprio microcosmo.
I nostri atteggiamenti, i nostri stati emotivi e i nostri pensieri in relazione alla sfera dell’alimentazione si ripercuotono anche all’esterno, nella nostra vita privata, nel nostro modo di relazionarci agli altri e di organizzarci le giornate.
Siamo quello che (e come!) mangiamo.
Attraverso un’attenta analisi introspettiva, si riescono a decifrare i comportamenti e ritualità, che, anche se in un primo tempo, ci davano sicurezza, in breve sono diventati una esasperante ossessione.
Poi con la pratica costante e quotidiana ci si libera di situazioni che ognuno vive come opprimenti diktat auto-imposti.
Il controllo del cibo che ingeriamo, fondamentale per NOI, assume il suo reale significato.
Per ognuno possono valere sfumature diverse, in base al proprio vissuto ,qui parlo di me personalmente, delle consapevolezze che fino ad oggi, nel pieno del mio percorso di guarigione e di crescita, ho acquisito.
Mia mamma ha iniziato molto presto, subito dopo il mio svezzamento(io avevo 3 mesi),a lavorare ed io ho trascorso i miei primi anni di vita con mia nonna, una presenza estremamente autoritaria e invadente, che mi ha cresciuta.
Anche se oggi razionalmente riconosco che i miei genitori hanno agito in buona fede, lasciandomi ad una persona fidata per esigenze lavorative, all’epoca ho subito questa situazione soffrendo tantissimo il distacco da mia mamma e ho vissuto questa fase come profondamente traumatizzante.
Negli anni successivi ho sviluppato un odio profondo nei confronti di mia nonna e terrore dell’abbandono da parte delle figure di riferimento.
E’ proprio dalla paura che nasce il bisogno di controllo, da un profondo senso di insicurezza che ci fa temere di non essere all’altezza delle situazioni e di potere improvvisamente perdere l’altro.
Il controllo ossessivo, sul cibo, sul corpo, poi su tutto il proprio ambiente circostante, fisico e mentale è un meccanismo di difesa che si instaura col tempo, inconsapevolmente, come fosse una corazza, fatta di schemi e rigidità utili a tenere sotto soglia l’ansia scatenata inevitabilmente da tutte quelle emozioni che ognuno di noi vive come pericolose.
In realtà quello che noi riteniamo “pericoloso” e “spaventoso” è ciò che non possiamo controllare…
A me serviva illudermi di potere controllare.. almeno il cibo!!!
Era importante pensare di avere potere su un panino, una brioche o un gelato.. sentirmi forte, più forte di loro perchè resistevo alla voglia di mangiarli ..in fondo io, nell’ottica malata, per moltissimo tempo (troppo..18 anni di anoressia restrittiva) io ho avuto la meglio.
Nonostante la enorme sofferenza che tutto questo mi provocava, era meno spaventoso di dovere affrontare le mie reali paure.
Si sposta sul cibo (oggetto inanimato, incapace di reagire, il bisogno di controllare le persone, gli affetti, più in generale “L’ALTRO”).
“L’ALTRO” è incontrollabile, imprevedibile nelle reazioni, ingestibile.. tutto questo scatena una grandissima ansia, agitazione e paura in chi teme un eventuale abbandono.. e allora assume un valore estremamente calmante e rassicurante potere gestire la propria alimentazione, controllare il cibo ingerito, il proprio peso e contare le calorie, numeri fissi, fermi, prevedibili e calcolabili!
Attraverso queste modalità si arriva anche a suscitare preoccupazione nelle persone a noi care così da creare un’ulteriore legame” malato” con esse che contribuisce all’instaurarsi di dinamiche disfunzionali e un rinforzo alla propria illusione di controllo.
In un primo (anche lungo) tempo la funzione ansiolitica può portare dei risultati.
Ma poi quella che sembrava essere una corazza utile e protettiva diventa una gabbia soffocante.. dalla quale abbiamo paura di uscire, in fondo ce la siamo costruita noi attorno, proprio per il senso di inadeguatezza e di inferiorità.. per sentirci al sicuro!
Abbiamo noi la chiave per aprirci quella gabbia!
E’ importante renderci conto però che ci siamo costruiti da soli questa protezione, questo angolo di mondo sintomatico dove rifugiarci, ma non se ne esce da soli!!!
L’impegno più grande è il nostro, ma sicuramente è necessario rivolgersi a specialisti del settore, perché, purtroppo, il nostro stile di ragionamento è quello che ci ha fatto ammalare e sarà impossibile invertire la rotta senza affidarsi a persone competenti.
Io ho passato più della metà della vita a ricercare l’equilibrio malato tra l’essere la bambina di mio papà per tenerlo legato a me(tramite dinamiche di conflitto che ci appartenevano da sempre) e tentare illusoriamente di procedere nella vita adulta con un matrimonio mai consumato soffocando il mio desiderio di donna in un corpo scheletrico.
Oggi posso dire, anzi urlare a gran voce, che con l’aiuto di medici e operatori, intraprendendo un percorso di cura si può risalire alle proprie dinamiche disfunzionali ed è possibile cambiare il proprio modo di pensare e vivere il presente!
Me lo sono concessa.. dopo del tempo, tanto tempo..
Non è facile..
Ma non lo è neanche obbedire a mille schemi, regole e calcoli calorici impossibili, avere l’ansia di tenere sotto controllo tutto e tutti in ogni momento senza mai viversi serenamente e pienamente alcun momento o situazione…
In realtà controllare il cibo è soltanto un’illusione momentanea, destinata a fallire, perchè il nostro corpo e i suoi bisogni naturali avranno il sopravvento.
Io stessa ho vissuto la terribile esperienza del Binge (abbuffate compulsive senza vomito) e la conseguente sensazione di fallimento.
Oggi, che accolgo e cerco di interrogare, giorno per giorno sempre di più, la mia FAME, fisica ed emotiva ,posso dire che il Binge è stato il mio spirito di sopravvivenza che si è ribellato ad anni di restrizione e iper-controllo e lo ringrazio.. perchè mi ha salvata da una “convivenza a vita(o a morte!)” con l’anoressia…
E’ stato proprio dopo essermi spaventata all’idea di non potere poi essere così onnipotente che ho deciso di chiedere aiuto davvero.. e che ho cominciato a vedere la luce davvero..
Non è più un’illusione, è vita vera, conquistata faticosamente, mettendo in discussione quello che ha costituito la mia verità fino a poco tempo fa’.
Devo tanto, TUTTO quello che sono oggi, il mio dolore rielaborato, il lavoro fatto, i pianti, le risate, le discussioni a MondoSole, ChiaraSole, Matteo e alle mie meravigliose compagne di percorso… senza di loro non sarei questa.. e probabilmente non sarei qui!
Silvia M.