bulimia anoressia niente era mai abbastanza testimonianza: Amiche, ragazzi, shopping, alcool, cibo… e ancora cambio città, Paese, ricomincio tutto da capo.
Tutto questo mi dava un’apparente sensazione di sollievo. Pensavo: “finalmente ho trovato una soluzione”.
Mi rendevo conto che questa illusione di felicità ben presto svaniva e prendeva il posto un vuoto sempre più grande e profondo.
A quel punto la dose poteva solo aumentare, perché quella precedente non bastava: sempre più alcool, sempre più restrizione e abbuffate, sempre più rapporti chiusi per cominciarne dei nuovi, nell’incessante ricerca di qualcosa o qualcuno che riempisse la voragine.
Il vuoto si manifestava spesso sotto forma di gran CAOS e CONFUSIONE: mettevo in discussione le scelte prese, vivevo di dubbi e incertezze, che amplificavano il senso di inquietudine ed instabilità. La mancanza di certezze mi faceva chiudere a poco a poco in me stessa, presa dalla grande paura di guardare fuori.
In molte occasioni emergeva un forte senso di NON APPARTENENZA ed ESCLUSIONE: non mi sentivo più parte dei luoghi conosciuti, li sentivo lontani da me, il che mi spingeva a cercare nuovi posti in cui vivere, a cambiare Paese, nell’illusoria speranza che un nuovo luogo mi avrebbe dato quella serenità che tanto cercavo.
Così accadeva anche con le persone: pensavo di non avere più niente in comune con le persone che mi stavano accanto, le sentivo estranee e mi sentivo estranea. Questo mi portava a chiudere i rapporti e a cominciarne dei nuovi, nell’incessante ricerca di qualcuno che mi amasse di più e mi desse le considerazioni e le attenzioni che desideravo.
Nessun luogo né persona era abbastanza per riempire quel vuoto, che rimbombava sempre più forte da dentro.
Nemmeno il tanto amato e odiato cibo riusciva a colmarmi. Inizialmente, in una lunga fase di restrizione avevo l’illusione di bastarmi da sola, di ESSERE FORTE, di AVERE IL CONTROLLO, di poter affrontare il mondo. Pensavo tutto il giorno a quante calorie avrei ingerito e a quante ne avrei dovute bruciare, ottimo modo per non sentire e non pensare ad altro. A poco a poco, alzavo sempre di più la posta: DOVEVO restringere di più, dovevo perdere un chilo in più, dovevo camminare 10 minuti in più. Non era mai abbastanza.
Fino a che l’altra faccia della malattia ha preso il sopravvento. La mia mente e il mio corpo erano affamati. Inizialmente, un biscotto in più dopo cena, successivamente, tutto ciò che di commestibile trovavo in casa e fuori.
Ero entrata nel giro delle abbuffate: uscivo di casa la mattina per andare al supermercato, mi nascondevo in cantina per mangiare, rientravo in casa la sera dicendo di essere stata all’università. L’unico pensiero era il cibo.
Sentivo di essere in balia della malattia. Emergeva l’IMPOTENZA, la VERGOGNA e il FALLIMENTO.
Nemmeno il cibo, alla lunga, era sufficiente a riempirmi.
Ero in un labirinto e non ne vedevo via d’uscita.
Un giorno, dopo aver letto la testimonianza di ragazze che avevano vissuto quest’inferno e ne erano uscite, costruendosi una propria VITA, ho deciso di chiedere aiuto.
Sono arrivata a MondoSole, dove ho trovato persone meravigliose: Chiara, Matteo, Fiorella ed Even e le mie straordinarie compagne di percorso.
È grazie a loro che ho intrapreso un viaggio dentro di me, per guardare, sentire e capire le cause di quella voragine piena di dolore.
La ricerca spasmodica di qualcosa all’esterno sta perdendo sempre più importanza man mano che sto prendendo contatto con la vera me, con i miei reali desideri e bisogni, imparando, ogni giorno, ad accoglierli e nutrirli, amando sempre di più me stessa.
Grazie a tutto MondoSole, che mi ha fatto rinascere.
Jovana