Home anoressia Anoressia Cura: volevo inconsciamente diventare invisibile, o meglio, rendere invisibile il dolore che provavo!

Anoressia Cura: volevo inconsciamente diventare invisibile, o meglio, rendere invisibile il dolore che provavo!

by ChiaraSole

anoressia cura: volevo inconsciamente diventare invisibile, o meglio, rendere invisibile il dolore che provavo!

anoressia cura: Mi chiamo Margareth!

Sono sempre stata una bambina ubbidiente, brava, buona, avevo poche pretese, dicevo sempre sì e non mi ribellavo anche quando non mi stava bene qualcosa.

A scuola prendevo voti alti, ero la prima della classe, nello sport a 11 anni giocavo in campionato con le grandi dove arrivò la prima richiesta di una squadra di pallavolo di serie A, sapevo cucinare e badavo ai miei fratelli come se fossi per loro una madre… “non mi mancava niente” mi dicevano, eppure dentro di me sentivo che c’era qualcosa che non andava, perché?

Perché rispetto alle mie coetanee mi sentivo insicura ed inadeguata? Loro erano belle, carine ed io mi vedevo brutta, goffa, incapace a relazionarmi… grassa e cicciona, inferiore… perchè?

Perché quello che facevo non mi bastava mai? Dovevo dare sempre di più, non avevo limiti, ero in competizione con tutti, a casa, a scuola, nello sport, chi cercava di rubarmi la scena diventava un nemico, dovevo esserci io e solo io… perchè?

A 16 anni ebbi la mia prima delusione d’amore, una storia durata 2 anni finita perché “i miei genitori non ci facevano uscire da soli, c’era di mezzo o mia madre o mia sorella” e lui poveretto mi ha mollata (non so come abbia fatto a resistere 2 anni!), anche se io in realtà credevo che la vera motivazione era dovuta al mio corpo che diventava enorme ogni volta che mi guardavo allo specchio.

Da lì a qualche mese iniziò il mio calvario durato 5 anni e chiamato ANORESSIA. Ricordo ancora la sera in cui, dopo aver mangiato un pezzo di pandoro ricoperto di cioccolato, mi dissi “da domani non mangio più”. Pensai di voler perdere solo qualche chilo, forse così Marco sarebbe ritornato da me, mi avrebbe notata di più, solo qualche chilo mi dicevo ed invece più la bilancia scendeva, più l’adrenalina saliva, più l’obiettivo e i chili da perdere aumentavano…

in realtà volevo diventare invisibile… nessun numero, nessun numero mi bastava ma perché in verità un numero non ce l’avevo in mente…sempre meno… sempre meno… mi illudevo di avere il controllo sul cibo, di smettere quando volevo, quando invece era l’anoressia a controllare me tanto fino ad arrivare al digiuno completo.

C’è chi ha detto che i miei erano solo capricci adolescenziali, chi diceva che il mio intento era diventare una modella (ma quale moda!! Amavo solo e soltanto la pallavolo), alcuni dicevano che non c’era da preoccuparsi perché prima o poi quelle fissazioni sul cibo mi sarebbero passate… ma io stavo male dentro… sempre di più… sempre peggio… tanto che arrivò a farmi compagnia la depressione che scandiva tutte le mie giornate allo stesso modo, chiusa in camera, nel letto, al buio, con le finestre serrate, non meritavo niente, nemmeno uno spiraglio di luce.

Fortunatamente sono arrivata a conoscenza di MondoSole in un momento in cui avevo consapevolezza che le possibilità davanti a me erano 2: provarci, fare le valigie e partire oppure lasciarmi morire. Mi bastò vedere la luce che aveva negli occhi ChiaraSole per decidere di prendere in mano la mia vita: volevo vivere anche io e dire basta a tutto questo.

Andare via dalla Calabria è stato quasi uno strazio sia perché sono arrivata a rimini prima del periodo natalizio, in cui vedevo tutta la gente attorno a me felice e contenta mentre io ero piena di dolore, sia perché mi allontanavo dalla mia prima e più grande dipendenza: la famiglia.

La parte più difficile è venuta proprio a Rimini: interrogarsi, guardarsi dentro e dare voce a tutto quel silenzio, al dolore inespresso attraverso le parole ma comunicato per mezzo del cibo. Pian piano ho capito che il vero problema non era il non mangiare, il cibo è stato solo uno strumento usato perché era l’unica cosa che era controllabile e gestibile quando dentro di me regnava il caos.

Il corpo è stata la manifestazione del disagio profondo ed inabissato che ha covato per anni fino a scoppiare con un sintomo. Andando a ritroso negli anni ho ripercorso tutta la mia vita, dall’infanzia all’adolescenza, mettendo in discussione tutto e lasciando spazio a ciò che era stato oppresso e compresso: lacrime, dolore, sofferenza sono venute fuori esattamente come quando ad una pentola bollente si toglie il coperchio.

Soltanto interrogandomi ho potuto dare spiegazione a quei perché

Ho sofferto molto durante l’infanzia, ho più ricordi tristi che felici, ho odiato le ambulanze e gli ospedali che spesso mi portavano via mio padre quando veniva ricoverato (mio padre ha avuto diversi problemi di salute) ed in quei momenti dovevo stare vicina, dare forza e sostegno alla mia mamma che emotivamente era fragile, si faceva prendere dall’agitazione e della disperazione, ero io che mantenevo davanti a lei la calma quando, per non farmi veder triste, da bambina andavo a piangere sotto il letto.

Vedere star male mio padre ha portato ad idealizzarlo e ad innamorarmi sempre più di lui. Per me era un mito, un eroe, un vincitore perchè guariva sempre per fortuna, mi prometteva che sarebbe tornato a casa e così era.

Il legame con mio padre: uno dei punti nevralgici del mio percorso..
Ero la prima figlia e dovevo essere l’esempio per i miei fratelli, non potevo deluderlo altrimenti avrei perso la sua fiducia, la sua stima ed il suo amore, dovevo avere determinati valori solo così ai suoi occhi ero una brava figlia.

Dovevo essere perfetta, pura e casta, io rispettavo tutte le sue regole ed ero fedele a lui, mentre lui non lo era con me e da qui l’odio viscerale verso mia madre che era la sua donna. La detestavo, la invidiavo, volevo essere al suo posto, ma visto che non era possibile dovevo essere migliore di lei e di tutte le donne di casa.

Quando nacque mia sorella Ketty avevo 6 anni e per lei, fin da prima che nascessi, ho avuto delle attenzioni particolari per lei… la coccolavo, le preparavo e davo il biberon, la nutrivo e la proteggevo come fa una madre.

Un legame forte, simbiotico, viscerale, facevamo tutto assieme. Stessi giochi, stessi amici, stessa scuola, io giocavo a pallavolo, lei giocava a pallavolo, ma in tutto questo c’era in me una gara a far meglio di lei, dovevo essere io la più brava, dovevo essere io la migliore fra le due e la preferita agli occhi di nostro padre. La detestavo se riceveva delle attenzioni in più di me e la amavo allo stesso modo difendendola da tutti e da tutto, dai compagni di scuola, dagli amici, nessuno poteva toccarla: diventavo una furia! Io e mia sorella eravamo una cosa sola tant’è che dopo pochi mesi in cui ero a rimini anche lei si ammalò di anoressia.

Per più di anno non ci siamo né potute sentire né vedere.
Il rapporto con la mia famiglia è stato tutto da ricostruire lì dove si era verificata una sovrapposizione e uno scambio di ruoli. Oggi quando guardo i miei genitori mi fanno tenerezza perchè si sono sentiti dire tante volte che è stata colpa di… ma a loro volta sono figli invasi e cresciuti con le loro questioni e dinamiche.

Oltre alla parte familiare ho dovuto guardarmi nel profondo delle mie paure, ascoltare le emozioni, belle e brutte, che hanno sempre preso forma attraverso lo specchio, accettare le pulsioni e i desideri che ho sempre cercato di cancellare e rifiutare (come nel cibo) non è stato per niente facile perché tutto ciò che è incontrollabile spaventa, terrorizza.
Guardandomi oggi allo specchio vedo una persona diversa… una donna… e rifarei tutto da capo.

Oggi mi sento più libera, sono io a decidere per me ed a costruire la mia vita, assieme al mio compagno, ho un lavoro ed economicamente sono indipendente, ho ripreso gli studi e soprattutto, avendo spazio nel mio cuore, ho scoperto quanto è meraviglioso amare e darsi agli altri.

MondoSole mi ha dato la possibilità di uscire dalla prigione di una vita fatta di doveri e di aspettative massacranti e soprattutto grazie a MondoSole ed alle mie compagne di percorso che mi hanno accompagnato in questo cammino la mia anoressia non si è evoluta nell’altra faccia della medaglia dei disturbi alimentari: la bulimia o il binge eating.

Purtroppo l’anoressia è una malattia ingannevole perché ti fa sentire onnipotente, capace di dominare su tutto e tutti, puoi smettere quando vuoi pensi, quando in realtà è lei a controllare e gestire la tua vita imprigionandoti con delle catene subdole e massacranti.

Da queste malattie si può guarire! Ma è fondamentale chiedere aiuto ed affidarsi a chi è competente perché non se ne esce da soli ma soprattutto non bisogna dimenticare che anoressia e bulimia sono il primo caso di morti psichiche in Italia.

Meg.



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