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Anoressia, Bulimia, Binge Eating: sintomi e dolore banalizzati e stereotipati

by ChiaraSole Ciavatta

Anoressia, Bulimia, Binge Eating: sintomi e dolore banalizzati e stereotipati

Anoressia, Bulimia, Binge Eating: sintomi e dolore banalizzati e stereotipati: A sentir parlare di disturbi alimentari, la prima cosa che viene in mente è l’immagine di una ragazza notevolmente sottopeso.

La maggior parte delle persone, infatti, ignora il fatto che si può soffrire di disturbi del comportamento alimentare pur non pesando 30 kg (senza sminuire ovviamente questa eventuale grave condizione).

Questo succede perché nell’immaginario collettivo il problema principale è quello del cibo, del mangiarlo o non mangiarlo (i sintomi) o vomitarlo o ingurgitarlo.

Ma se il problema fosse “solo” il rapporto con il cibo, allora basterebbe vedere un nutrizionista e farsi prescrivere un regime alimentare regolare da seguire… e invece no. Non basta! Gli ostacoli sono molti di più. Questo è un pensiero pericolosamente riduttivo.

Chi soffre di disturbi alimentari non vive, ma soprattutto, non riesce a comunicare a parole ciò che il sintomo alimentare grida in silenzio. Ogni sfera della vita è inquinata dalle ossessioni che ruotano attorno al binomio cibo-corpo, grande spostamento che distoglie l’attenzione dalle sofferenze più profonde e nascoste che non si vogliono sentire. Pertanto, non basta sanare il rapporto col cibo per guarire. C’è tutto un mondo silente che deve essere scoperto, rielaborato e VISSUTO! E questo richiede tempo e pazienza…

Combattere questo stereotipo è fondamentale. Del resto, come possiamo aspettarci che il nostro male venga compreso se per prime/e noi stesse/i non riconosciamo di avere una patologia grave?
Quando ero in piena anoressia, non solo avevo messo una barriera insormontabile tra me e il cibo, ma anche tra me e il mondo. Tutto e tutti erano passati in secondo piano, l’unica cosa che contava era calare sempre più di peso e arrivare alla “meta”.

Non solo avevo smesso di mangiare, avevo smesso anche di comunicare, di sorridere, di piangere, di provare gioia o tristezza. No, neanche la tristezza provavo più: sentivo solo il vuoto, intorno a me e dentro di me, che nessuno poteva riempire. Ma soprattutto, nessuno poteva comprendermi.

Chiedere aiuto significa rendersi conto di avere un problema grave. Ciò non è scontato: chi soffre di disturbi alimentari sminuisce la propria malattia e il proprio dolore, proprio come spesso avviene dall’esterno.

Non per niente ci si sente spesso dire “non sembri malata”, proprio perché non si è gravemente sottopeso. Quanto fa male sentirselo dire, dopo tutta la fatica che si fa ricominciano a mangiare in maniera regolare.

Dall’esterno, si vede solo una persona che smette di mangiare, o vomita, o si abbuffa.

Tante persone li considerano addirittura capricci, o peggio, il classico pensiero riduttivo del voler assomigliare alle modelle da passerelle. Nulla di più sbagliato!

Non si colgono gli innumerevoli messaggi criptati, le richieste d’aiuto silenziose… la nostra malattia parla di noi, ci dice chi siamo, di cosa abbiamo bisogno e cosa ci ha fatto male.
Gridiamo un NO! agli stereotipi sui disturbi alimentari.

Il dolore c’è sempre e comunque, a prescindere da quanto si pesa! 

Silvia G.

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